venerdì 23 ottobre 2009

Siamo tutti in pericolo! Il patto alla base della nostra democrazia, stabilito alla fine della II guerra, si è incrinato. L'accettazione di regole di convinvenza politica comuni tra i tre grandi ideali della nostra repubblica, ossia tra ideali di ispirazione marxista-classista, di ispirazione cattolica popolare e di ispirazione liberaldemocratica, sta lasciando il posto alla politica delle lobby, degli interessi di casta, dell'egoismo di ceto.


Se non rinnoviamo questo patto, o se non lo rifondiamo su basi diverse, ma sempre improntante al rispetto altrui, alla democrazia, al principio di uguaglianza alla nascita, di uguale possibilità e dello stato di diritto, assisteremo al collasso della convivenza civile. Ne siamo coscienti?

Il crollo dei valori fondanti della repubblica, primo fra tutti il valore etico del rifiuto di ogni discriminazione in base a razza, etnia, sesso, sessualità, ceto sociale, opinioni politiche o religiose, ci può portare dritti al baratro.

Per questo è importante la memoria storica. Per questo ci si deve impegnare affinché non si dimentichi MAI quello che è successo durante il Novecento, e tutto il passato, prossimo o remoto, della nostra civiltà.


Eppure stiamo assistendo a una rimozione a tappe forzate della nostra storia, annacquandola in un brodo insipido, nel quale tutti vengono accumunati, responsabili, carnefici e vittime, spettatori e protagonisti, a seconda di "cosa" convenga ricordare, o - peggio - di "come" convenga ricordare. L'uso pubblico e politico della storia stravolge la sua stessa funzione, che è quella di creare la memoria collettiva di un popolo, di uno stato, di una nazione, di un continente, e non essere piegata a servizio degli interessi di parte di della polemica politica presente.
Per una nuova etica della ricerca storica.

Per un nuovo patto di rifondazione etica



Carlo Giacchin

lunedì 19 ottobre 2009

Un momento di storia nazionale



Pubblico questa foto tratta dal mio archivio personale. E' una foto che rappresenta una cerimonia di gerarchi fascisti. Il fotografo è il celebre Gislon, autore di moltissime altre foto che ora ci permettono di visualizzare momenti di storia del Novecento.
Chiedo a tutti voi uno sforzo per cercare di individuare i gerarchi rappresentanti. Ho qualche idea, ma non la dico per non influenzarvi. Mi piacerebbe sapere se qualcuno di voi riesce a riconoscere:
- i gerarchi del palco e le due persone a sinistra della foto,
- il periodo storico (Ventennio oppure RSI?)
Mi aiutate?

Grazie mille

martedì 13 ottobre 2009

L'Indice dei libri del mese di ottobre - recensione

Con grande soddisfazione, "L'indice dei libri" del mese di ottobre, prestigiosa rivista di informazione libraria, ospita una lunga recensione del mio libro "Attentato alla Fiera. Milano 1928" (Mursia, 2009). La recensione è firmata dallo storico Mimmo Franzinelli.



sabato 26 settembre 2009

Il massacro del Grappa

Il valore della memoria.
Accadde oggi: 26 settembre
Correva l'anno: 1944

L'Italia è uno strano paese: ricorda quello che vuole e dimentica quello che fa comodo.
Compito dello storico è, quindi, riportare alla luce avvenimenti che si vorrebbe seppellire nella zona d'ombra della memoria.
Tra gli avvenimenti poco ricordati, per un motivo o per l'altro, ce n'è uno che riguarda da vicino la mia terra e i suoi abitanti: la zona di Bassano del Grappa.

All'inizio di settembre 1944, nell'ambito di una vasta azione antipartigiana, il comandante tedesco Kesserling ordinò anche la "bonifica" dei territori del Grappa, una zona strategicamente importante per i tedeschi.
Il massiccio del Grappa, appartenente alle Prealpi, è all'interno di una specie di quadrato con i vertici in quattro grossi centri abitati, pressapoco così:

    ARSIE' (nord ovest); FELTRE (nord est); che danno accesso alla Valsugana
BASSANO (sud ovest); MONTEBELLUNA (sud est), che danno accesso alla valle padana e alla zona del Piave.


Il Grappa era quindi una zona ideale per poter accedere, in breve, a tutto il nord-est d'Italia. Dal Grappa a Bassano, e da Bassano a Padova; da Grappa a Montebelluna, e da qui a Treviso - Venezia - Mar adriatico. Dal Grappa alla Valsugana e quindi Trento - Bolzano - Brennero - Germania.

In quella zona operavano la Brigata Gramsci (sorta dopo la morte del colonnello Zancanaro, ucciso dai nazisti nel giugno 1944). La Brigata Garibaldi Antonio Gramsci aveva al suo interno partigiani sia comunisti che cattolici, provenienti dall'Azione cattolica di Feltre. Era composta, grosso modo, da cinquecento patrioti, divisi in cinque battaglioni (Zancanaro, Battisti, Gherlenda, Da Min e Montegrappa). Nell'estate arrivò a contare quasi mille componenti.

Alla fine dell'estate del '44, sul Grappa rimanevano i socialisti della Matteotti, la brigata garibaldina "Montegrappa", della Gramsci, e altre due brigate minori: "Italia Libera - Piave", "Italia Libera Campo Croce", dal nome di una zona del Grappa.

Kesserling ordina il rastrellamento. Le operazioni, previste per una settimana, durarono solo due giorni, Vennero impiegati circa 10000 uomini, affiancati dai militi della Legione "M Tagliamento", dalle Brigate Nere di Vicenza e di Treviso  e da volontari della Guardia Nazionale Repubblicana.
Gli esiti del rastrellamento furono terribili. Furono bruciati interi villaggi, sterminato il bestiame, rovinati i raccolti, incendiati tutti i fienili. Furono assassinati numerosi civili e partigiani. Il numero esatto non si sa. Non ci furono, contrariamente alle ricostruzioni degli storici del dopoguerra, epiche battaglie, ma scontri a fuoco, inseguimenti, uccisioni sommarie degli arresi. Si parlò di 600 fucilati, ma non è dimostrabile ormai. La vera mattanza avvenne dopo, a rastrellamento concluso, con i partigiani sbandati arrestati, percossi a morte, che incappavano nella cintura di sicurezza stesa intorno al Grappa.

Il 26 settembre, a Bassano del Grappa, furono impiccati 31 giovani patrioti, arrestati nei giorni precedenti. Furono caricati su un camion, con le mani legate con il fil di ferro dietro la schiena e un cartello al collo ("Bandito"). Un giovane milite fascista metteva al collo del prigioniero un cappio fatto con un cavo telefonico, fissato all'albero del Viale principale di Bassano del Grappa. Una brusca accelerata e il partigiano rimaneva appeso all'albero.
31 fermate, 31 cappi con il filo del telefono, 31 accelerate.
E i corpi lasciati per 22 ore appesi, tra i lazzi e le offese dei fascisti ragazzini. Mussolini stesso, quando lo venne a sapere, inorridì.
Vennero fucilati, poi, altri 19 patrioti, e tanti altri furono i deportati nei lager polacchi, dai quali pochi ritornarono, a guerra finita.

Non ci furono, nel dopoguerra, processi degni di questo nome. I responsabili tedeschi non furono processati. Ci fu, a Treviso, un processo contro i militi fascisti, ma fu falsato, come tutti i processi del dopoguerra, dalla volontà di dimenticare, e furono, in vario modo, amnistiati.
Chi ordinò l'eccidio fu individuato, per merito di tre coraggiosi storici: Sonia Residori, Lorenzo Capovilla, Federico Maistrello. I responsabili:
Tenente SS Herbert Andorfer, classe 1911, di Linz (Austria)
Vicebrigadiere SS Karl-Franz Tausch, classe 1922, di Olmuetz (Cechia)


Il giornalista dell'Espresso Paolo Tessadri ha scoperto dove viveva, ancora, a Langen, vicino a Francoforte.
Tausch si tolse la vita l'anno scorso, il 25 settembre 2008, 64 anni esatti dall'eccidio.

Ieri sera, a Fontaniva, l'ex senatore Emilio Pegoraro, allora partigiano della Gramsci, ha rievocato quelle pagine orrende, e ha voluto rendere omaggio agli eredi delle famiglie di contadini che lo hanno nascosto, mettendo in pericolo la loro vita, per sfuggire ai rastrellamenti.

Libri consigliati:
Autori Vari - Processo ai fascisti del rastrellamento del Grappa. Corte d'Assise straordinaria di Treviso (1947) - ED. ISTRECO - 
2004





Inoltre:
Sonia Residori, Il massacro del Grappa, Istrevi - Cierre edizioni. 



martedì 22 settembre 2009

Henry Kissinger segreterio di stato, e Nobel per la pace 1973


Correva l'anno: 1973
Giorno: 22 settembre 
Luogo: White House, Washington.


 Il 22 settembre 1973 veniva nominato segretario di stato Henry Kissinger, tedesco naturalizzato cittadino statunitense.
Su Kissinger si può dire di tutto: che fu un grande statista, un diplomatico coi fiocchi, un pacemaking, ecc. ecc. Per me, però, resterà sempre un war criminal.
Dopo la vittoria di Unidad Popular, nel 1970, che portò alla presidenza Salvador Allende (un socialista di tradizioni moderate), molti generali dello stato maggiore cileno avrebbero voluto impedire il suo insediamento alla "Moneda", il palazzo presidenziale di Santiago. Fu un generale, Rene Schneider, a bloccare il tutto. L'indipendenza dell'esercito era garantita da questo nobile militare, che espresse in seguito quella che venne chiamata come la c.d. "dottrina Schneider", ossia l'assoluta apoliticità delle forze armate e la loro fedeltà esclusivamente alla Costituzione. Ebbene, il 25 ottobre 1970, Rene Schneider fu vittima di un agguato. La sua morte venne attribuita a uno dei generali più reazionari del Cile, Roberto Viaux.
Dietro a quell'omicidio si intravide la mano di Kissinger. Tre anni dopo Salvador Allende morì nel suo palazzo presidenziale, mentre l'aviazione bombardava e i carri armati assediavano la sede del presidente.
Undici giorni dopo il colpo di stato, Kissinger diventa segretario di stato dell'amministrazione Nixon.
In quell'anno verrà premiato con il Nobel per la pace!

consiglio:
Hitchens Christopher , Processo a Henry Kissinger, Fazi editore, 2005.









mercoledì 16 settembre 2009

Leggi di Norimberga

Accadde oggi: 15 settembre
Correva l'anno: 1935
Accadde dove: Norimberga


Il 15 settembre 1935 vennero rese pubbliche le determinazioni del Reichstag. Il mondo apprese così che la Germania di Hitler incominciava a mettere in pratica le idee razziali di Hitler e di Rosemberg.
Ecco, un estratto dalla "Reichsbürgergesetz", ossia la legge sulla cittadinanza.


Reichsbürgergesetz
Staatsangehöriger ist, wer dem Schutzverband des Deutschen Reiches angehört und ihm dafür besonders verpflichtet ist.

È cittadino dello Stato (Staatsangehöriger) colui che fa parte della comunità protettiva del Reich tedesco con il quale  ha dei legami che lo impegnano in maniera particolare.
Die Staatsangehörigkeit wird nach den Vorschriften des Reichs- und Staatsangehörigkeitsgesetzes erworben.
L'appartenenza allo stato  viene acquisita in base alle norme della legge che regola l'appartenenza al Reich e allo stato.

Cittadino del Reich (Reichsbürger) è soltanto l'appartenente allo Stato di sangue tedesco o affine il quale con il suo comportamento dia prova di essere disposto ed adatto a servire fedelmente  il popolo e il Reich tedesco.
Il diritto alla cittadinanza del Reich viene ottenuto attraverso la concessione del titolo di cittadino del Reich
 
Il cittadino del Reich è il solo depositario dei pieni diritti politici a norma di legge.

con questi pochi paragrafi si posero le basi per la discriminazione razziale.

Il passaggio successivo, la "Legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco", recitava:
Pervaso dal riconoscimento che la purezza del sangue tedesco è la premessa per la conservazione del popolo tedesco, ed animato dal proposito irriducibile ad assicurare il futuro della nazione tedesca, il Reichstag ha approvato all' unanimità la seguente legge che qui viene promulgata:

PAR. 1
1. Sono proibiti i matrimoni tra ebrei e i cittadini dello stato di sangue tedesco o affine. I matrimoni già celebrati sono nulli anche se celebrati all'estero per sfuggire a questa legge.
2. L'azione legale per l'annullamento può essere avanzata soltanto dal Procuratore di stato.

PAR. 2
Sono proibiti i rapporti  sessuali extramatrimoniali tra ebrei e cittadini dello stato di sangue tedesco o affine.

PAR. 3
Gli ebrei non potranno assumere al loro servizio come domestiche cittadine di sangue tedesco o affine sotto i 45 anni.

PAR. 4
1. Agli ebrei è proibito innalzare la bandiera del Reich e quella nazionale ed esporre i colori del Reich.
2. È permesso loro invece esporre i colori ebraici. L'esercizio di questa facoltà è protetto dallo stato.

PAR. 5
1. Chi contravviene al divieto di cui al par. 1, viene punito con il carcere duro..
2. Chi contravviene alle norme di cui al par. 2 viene punito con l'arresto o con il carcere duro.
3. Chi contravviene alle norme di cui ai parr. 3 o 4, viene punito con la prigione sino ad  un anno  e con una multa o pene di questo genere.

PAR. 6
Il Ministro degli Interni del Reich, in accordo con il sostituto del  Führer e il Ministro per la Giustizia del Reich emana le norme giuridiche e amministrative necessarie per l'attuazione e l'integrazione della legge.

  PAR. 7
Questa  legge entra in vigore il giorno della sua promulgazione; ll par. 3, invece, a partire dal 1° gennaio 1936 (norme sui domestici, n.d.c.)

Non serve alcun commento. L'importante è RICORDARE.

immagine tratta da http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Reichsbürgergesetz_v._15.9.1935_-_RGBl_I_1146.jpg - no copyright This image is in the public domain according to German copyright law because it is part of a statute, ordinance, official decree or judgment (official work) issued by a German federal or state authority or court (§ 5 Abs.1 UrhG).

Per approfondire:
Raul Hildberg,  La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi 1999


 

lunedì 7 settembre 2009

da "L'Eco di Bergamo". 7 settembre 2009

Oggi appare una lunga intervista su "L'Eco di Bergamo", firmata dalla brava giornalista Mariella Radaelli.
Finalmente si comincia a muovere qualcosa per recuperare la memoria storica di avvenimenti fondamentali per la storia d'Italia ma incredibilmente lasciati cadere nell'oblio. Uno tra questi è la strage di Piazzale Giulio Cesare, a Milano, che nel 1928 fece ventiquattro vittime, e della quale nulla si sapeva. Il primo a interrompere la stagione del silenzio, su quella strage, fu Lelio Basso. Nel 1978, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'esplosione. Poi, per altri trent'anni, ancora silenzio. Solo Mimmo Franzinelli, lo storico che più stimo, si è interessato alla faccenda, nel suo "I tentacoli dell'Ovra", uno dei libri fondamentali per conoscere i meccanismi del potere poliziesco fascista e del controllo. Proprio Franzinelli mi ha guidato attraverso i meandri dell'archivio della polizia fascista, e poi si è preso la briga di leggere il manoscritto.
Ecco il testo dell'intervista:

 
  
 

Da "Il Giornale", del 7 settembre 2998

Anche "Il Giornale"

domenica 6 settembre 2009

RIconoscenze

In vista della presentazione a Milano del mio libro, volevo ringraziare pubblicamente una persona che ha contribuito a realizzare un progetto che avevo in mente da tempo.
Mi sono sempre chiesto perché la storiografia fosse spesso relegata ai margini della vita letteraria.
La spiegazione, che vale per molti storici (non per tutti), è semplice: per la maggior parte dei lettori, se non hanno un interesse diretto alla materia, i libri di storia sono noiosi. Noiosi, sì, perché scritti per altri storici, fatti per essere citati a piè di pagina in altri saggi storici.
Poi ho conosciuto Mimmo Franzinelli, che mi ha fatto cambiare idea. La sua scrittura è vivace, appassionante, priva di ogni astrusità intellettuale tipica di alcuni professori universitari.
Quindi, mi sono detto, scrivere di storia e appassionare i lettori è possibile.
Ho voluto, però, esagerare. Mi è venuta l'ambizione di scrivere di storiografia (quindi con tutti i crismi della ricerca storica) accompagnandola a pezzi di narrativa - brevi - che facessero da prologo a ogni capitolo. Una specie di "romanzo" nel saggio, che appassionasse il lettore e lo stimolasse ad affrontare la ricerca storica vera e propria.
"Attentato alla Fiera" è, nei miei progetti, solo il primo assaggio. Il lavoro attuale, del quale sto ultimando il primo volume (vorrei farlo uscire in tre volumi - pubblicandone uno all'anno), è basato proprio su questa tecnica, portata a pieno compimento. Accanto alla storia del fascismo milanese vi è il racconto di due persone: un reduce dalla guerra, che si trova improvvisamente sbalzato dalla trincea alla vita civile, in una Milano cambiata e afflitta da mille problemi, e un ex soldato, ribelle a ogni autorità, che ... (lasciamo la sorpresa).
Per scrivere narrativa, però, bisogna avere gli strumenti giusti. Per questo mi sono affidato a un bravissimo editor, autore e docente di narratologia: FABIO FRACAS.

Ecco, vorrei ringraziarlo pubbblicamente, perché il suo aiuto è stato per me fondamentale. Ho imparato ad "ascoltare" i miei racconti, ad affinare la tecnica, a gestire ambientazioni e personaggi.
Sta facendo un grosso lavoro, importante e prezioso, Fabio. Con la scuola che dirige, chiamata Macademia, assieme ai suoi collaboratori (Federica Castellini, prima fra tutte), "svezza" in continuazione nuovi talenti letterari. Meriterebbe molta attenzione da parte dei media, Fabio e la sua Macademia.

Fabio, grazie per il tuo lavoro.

Presentazione di "Attentato alla Fiera. Milano 1928"

Comunicato stampa
Presentazione ATTENTATO ALLA FIERA, di Carlo Giacchin
Un episodio della storia milanese ancora avvolto nel mistero: il 12 aprile 1928, tra la folla che aspetta Vittorio Emanuele III in visita a Milano per inaugurare la Fiera, esplode una bomba. I morti sono venti, i feriti quaranta. Per quindici anni i vari corpi di polizia indagheranno senza risultato. La strage provoca una lunga scia di arresti e di brutalità, rivelando uno dei lati più oscuri del potere fascista, ma mostrerà anche insospettabili spazi di indipendenza e di coraggio investigativo.
Martedì 8 settembre 2009, alle ore 18.00, presso La Libreria Mursia di via Galvani 24, a Milano, Carlo Giacchin presenta "Attentato alla fiera" (Mursia, pp. 282, euro 16,00), un libro frutto di lungo lavoro di ricerca d'archivio e di paziente ricostruzione degli avvenimenti, in cui si ripercorre la storia delle indagini sull'attentato milanese cercando di fare luce sulla vicenda. Intervengono Fabio Fracas, scrittore e consulente editoriale, e Mimmo Franzinelli, storico.
 «L'esplosione avviene pochi minuti prima del passaggio del corteo reale. Sembrerebbe il re la vittima predestinata. Mussolini non ha dubbi, in apparenza: sono stati gli antifascisti. Milano è sgomenta, colpita a tradimento.»
Carlo Giacchin, nato nel 1964 a Cittadella, vive e lavora a Padova. Laureato in Scienze Politiche, è stato allievo di Giampietro Berti. Da anni si occupa di storia contemporanea, in particolare del primo Novecento italiano. Attualmente sta lavorando alla pubblicazione, in più volumi, della storia del fascismo milanese.
Per richiedere una copia del libro e ulteriori informazioni, 02 6737 8515, ufficiostampa2@mursia.com

martedì 1 settembre 2009

L'inizio

Anno: 1939
giorno: 1 settembre

La notte del 31 agosto 1939, a Gleiwitz , un piccolo paese della Slesia, un gruppo di persone occupò la sede della radio tedesca e lesse un comunicato in lingua polacca nel quale si inneggiava alla rivolta contro le autorità naziste. In realtà a guidare quel gruppetto era un ufficiale tedesco dei servizi di sicurezza del Reich, su ordine diretto di Heydreich, capo della polizia segreta nazista. L’episodio fu usato come pretesto da Hitler per “giustificare” l’attacco contro la Polonia, e che dette il via alla Seconda grande carneficina mondiale. L’episodio passò alla storia come “l’incidente di Gleiwitz”.
Prima dell’alba del 1 settembre 1939, la nave scuola “Schleswing-Holstein”, partita da Danzica, iniziava a bombardare il porto di Westerplatte, sede di una stazione navale polacca.
Le operazioni di terra iniziarono alle 4 e 45. Il comandante in capo dell’esercito presso l’OKW (Oberkommando des Heers) era Walter von Brauchitsch. Capo di stato maggiore Franz Halder (Generaloberst). Le armate furono divise in due gruppi: gruppo armate del Nord, al comando di Fedor von Bock (Gerneralobest) e gruppo armate del Sud, al comando di Gerd von Runstedt (Genaralobest).
Nessuno dei due generali era nazista. Verso il nazismo provavano entrambi un istintivo disgusto, ma anteponevano la fedeltà alla nazione e l’onore militare ad ogni altra considerazione etico-morale.
Per approfondire vi consiglio
- Polonia, Italia, Germania alla vigilia della seconda guerra mondiale
di Jerzy W. Borejsza, ed. “Zakad Narodowy imienia Ossolinskich”, 1981
- Polonia 1939-1989: la "quarta spartizione". A cura di Luigi Marinelli, ed. Lithos, 2008.
- Se siete curiosi di sapere come gli italiani del 1940 vedevano la guerra di Hitler, leggete, se lo trovate, La campagna germanica in Polonia (settembre-ottobre 1939).Ed. Unione editori d'Italia, 1940, di Ambrogio Bollati e Giulio Del Bono.

lunedì 31 agosto 2009

Un nome.

Sabato 29 agosto. Passo Valles, tra la provincia di Belluno e quella di Trento.
A 2000 metri d'altezza, a lato di un sentiero, una croce, un omaggio a un patriota: Giovanni Ganz. La croce, semplice, di metallo, portava scritto, oltre che il nome, anche questa targhetta:
"Con onestà visse Giovanni Ganz "Vecio" da eroe morì. 24 settembre 1944".
Non so chi fosse Giovanni Ganz, e finora non ho trovato notizie su di lui.
Ma questa targa, semplice, a un uomo che il 24 settembre 1944 sacrificò la vita, mi ha commosso.
Tra il 20 e il 21 agosto 1944 i paesi limitrofi, tra cui Falcade, subirono un rastrellamento feroce da parte delle truppe naziste, affiancate dalle Brigate Nere. Un centinaio di abitazioni vennero buciate, molti civili perdettero la vita. Molti uomini seppero reagire alla barbarie, imbracciando le armi per difendere i loro cari. Forse Giovanni Ganz è uno di questi.
In memoria delle vittime della barbarie.

lunedì 24 agosto 2009

L'importanza della memoria storica

Ho passato le ultime due settimane tra le dolomiti. Sono andato a lavorare al mio libro, in pace, al fresco. Tra un capitolo e l’altro mi sono goduto alcune passeggiate, tra le quali un’ascensione alla Marmolada. Ho potuto visitare posti bellissimi e pieni di pace. Ma non posso dimenticare che fra quelle montagne, tra il 1915 e il 1918, si svolse la prima guerra totale, combattuta con ferocia da uomini che non provavano odio gli uni verso gli altri, e nonostante questo erano costretti ad uccidersi tra loro nelle maniere più terribili.
In molte delle cruente battaglie combattute in quei posti, i corpi dei soldati uccisi, mutilati, denudati dagli spostamenti d’aria delle esplosioni, smembrati dalle piogge di scheggie, dilaniati dalle mitraglie, erano lasciati a marcire nelle terre di nessuno. Erano troppi per poter pensare di poterli seppellire subito, ed era pericoloso raccoglierli e portarli poi in terreni dove si poteva scavare. I compagni assistevano inermi, per giorni e giorni, alla loro decomposizione lenta, agli uccelli rapaci che ne offendevano i resti. Sopra quelle montagne un odore terribile di morte ristagnava per mesi, fino alla stagione fredda.
Noi, uomini del 2009, non potremo mai sapere fino in fondo quello che hanno visto, e sofferto, i soldati italiani e i loro “nemici” austriaci. Possiamo e dobbiamo, però, non dimenticarne la memoria, coltivarne il ricordo, affinché si possano conoscere le loro vicende.
A questo serve la ricerca storica. E’ un dovere, non solo verso i morti, ma soprattutto verso i vivi, i nostri figli e i figli che verranno.
Mi piacerebbe sentire il vostro parere sulla necessità della memoria storica, e sulla sua utilità.

Vorrei finire questo pezzo diversamente dal solito. Non consiglio libri da leggere, ma riporto le parole di un grande storico, Tacito. Attraverso le sue parole, ora, sappiamo non solo le vicende del popolo di Britannia e della loro lotta contro l'invasore romano, ma possiamo fermarci a riflettere sulle parole con le quali, duemila anni fa, il grande storico descrisse la guerra. Era un romano, non dimentichiamolo, e la sua opera, De vita et moribus Iulii Agricolae, ossia "Vita e morte di Giulio Agricola", è dedicata alla figura del suocero, Giulio Agricola appunto, governatore della Britannia. Ma Tacito non parla come lo storico dei vincitori, come spesso accade. Non scrive per far piacere ai potenti, e far torto ai vinti. Tacito è un grande esempio da seguire.
Questo è uno dei suoi passi famosi, citato tantissime volte. Riporto per intero il passo (§ 30), permettendomi di usare la versione curata da il prof. Emiliano Onori, e messa in rete per i suoi studenti in occasione della maturità 2008-09. (qui il sito http://plinews.wordpress.com/ )

30. «Quando ripenso alle cause della guerra e alla terribile situazione in cui versiamo, nutro la grande speranza che questo giorno, che vi vede concordi, segni per tutta la Britannia l'inizio della libertà. Sì, perché per voi tutti qui accorsi in massa, che non sapete cosa significhi servitù, non c'è altra terra oltre questa e neanche il mare è sicuro, da quando su di noi incombe la flotta romana. Perciò combattere con le armi in pugno, scelta gloriosa dei forti, è sicura difesa anche per i meno coraggiosi. I nostri compagni che si sono battuti prima d'ora con varia fortuna contro i Romani avevano nelle nostre braccia una speranza e un aiuto, perché noi, i più nobili di tutta la Britannia - perciò vi abitiamo proprio nel cuore, senza neanche vedere le coste dove risiede chi ha accettato la servitù - avevamo perfino gli occhi non contaminati dalla dominazione romana. Noi, al limite estremo del mondo e della libertà, siamo stati fino a oggi protetti dall'isolamento e dall'oscurità del nome. Ora si aprono i confini ultimi della Britannia e l'ignoto è un fascino: ma dopo di noi non ci sono più popoli, bensì solo scogli e onde e il flagello peggiore, i Romani, alla cui prepotenza non fanno difesa la sottomissione e l'umiltà. Predatori del mondo intero, adesso che mancano terre alla loro sete di totale devastazione, vanno a frugare anche il mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se povero, gente che né l'oriente né l'occidente possono saziare; loro soli bramano possedere con pari smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto, dicono che è la pace.»

mercoledì 5 agosto 2009

Mostra digitale sulla shoah


In Italia si ragiona, spesso a torto, per ricorrenze. Allo sterminio del popolo ebraico, perpretato dal nazifascismo, è dedicato il "giorno dela memoria", il 27 gennaio. Intento lodevole, certo, ma che spesso è solo occasione per vendere libri, trasmettere sceneggiati e occasione, per molti politici, di mettersi in mostra con discorsi spesso banali.

Certo, servono anche le trasmissioni televisive, i discorsi dei politici e la vendita dei libri (io ne sono ben felice), ma la memoria dell'immane tragedia deve essere prima di tutto un monito: un monito per non dimenticare e, cosa forse più importante di tutte, perché NON accada mai più.

In Europa, tra il 1933 (anno in cui il nazismo andava al potere in Germania) e il 1945, il popolo ebraico (popolo! non razza) ha subito un genocidio. Progressivamente, partendo dalle prime discriminazioni, si è arrivato al tentativo di cancellare un intero popolo. In Europa il popolo di Israele aveva vissuto per secoli in pace, sopportando molte ingiustizie e patendo persecuzioni anche feroci, ma era riuscito a diventare parte integrante della civiltà del vecchio mondo. Il suo contributo alla crescita della società, allo sviluppo della tecnica, alla scienza, alla letteratura, ecc., aveva reso tutti noi europei il centro del mondo. Tutto questo è stato cancellato (non del tutto fortunatamente) da una ventata di follia di bestiale disumanità. Dodici anni, tanto è durato il regno del Reich millenario. Eppure in questi pochi anni ci si è resi responsabili di crimini tanto orrendi, unici nel loro orrore.

Non dimentichiamo mai questo orrore. Perché non accada mai più. 

un libro interessante: Memoria della Shoah. Dopo i «testimoni», Autori Vari, Donzelli editore, 2007

Il sonno della ragione genera mostri (B. Brecht, ebreo europeo)

Vi riporto il breve testo di presentazione della mostra virtuale:

"Tra il 1933 e il 1945, in gran parte d’Europa gli ebrei vennero colpiti da una persecuzione durissima, culminata in eccidi di massa e in uccisioni nelle camere a gas. Alle vittime vennero dapprima negati quasi tutti i diritti civili e poi il diritto stesso alla vita.

"In Italia la persecuzione si sviluppò nelle due fasi del 1938-1943, con le leggi antiebraiche emanate dal governo fascista del Regno d’Italia, e del 1943-1945, con gli arresti e le deportazioni decisi e attuati dalla Repubblica sociale italiana e dall’occupante tedesco.
Questa Mostra racconta, attraverso i documenti dell’epoca, la persecuzione avvenuta in Italia, mettendo in luce sia la storia complessiva, sia le vicissitudini dei singoli.
E’ una Mostra da visitare e da studiare per conoscere, per comprendere, per conservare memoria delle vittime.

(CDEC © 2007 - Centro di documentazione ebraica contemporanea)

www.museoshoah.it


sabato 25 luglio 2009

25 luglio 1943


giorno: 25 luglio
Correva l'anno: 1943
Dal 22 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Poco più di vent'anni di storia italiana. Tanto durò il fascismo. La data del 25 luglio si riferisce alla riunione del Gran Consiglio del fascismo. Mussolini, rientrato in fretta da un incontro con Hitler a causa del bombardamento di Roma, viene "costretto" a riesumare un organo ufficiale dello stato fascista: il Gran consiglio. Organismo puramente consultivo, privato di ogni potere effettivo, raccoglieva i gerarchi più in vista del Regime. Erano molti anni che non si riuniva e quando lo fece, la notte del luglio 1943, nessuno poteva pensare che sarebbe ricordato per gli anni a venire come la notte del "tradimento". Alcuni gerarchi proposero un ordine del giorno nel quale si chiedeva al Re di prendere in mano la situazione, già compromessa, della guerra a fianco della Germania.
L'ordine del giorno, redatto da Grandi (uno dei gerarchi della prim'ora e da sempre filomonarchico), raccolse la maggioranza dei voti. Fu un fatto puramente simbolico, ma l'importanza che assunse andò senz'altro oltre la volontà dei suoi votanti.
L'esito fu il seguente:
Mussolini, contro ogni suo interesse, mise ai voti l'ordine del giorno. Poteva evitarlo, oppure mettere ai voti per primo quello di Farinacci. Scelse, forse per stanchezza, di farlo votare. Oppure era felice di uscire così di scena. Non lo sapremo mai.
Su 28 componenti 19 votarono a favore. Tra questi, oltre a Grandi votarono Bottai, Federzoni, Ciano, De Vecchi, De Marsico, De Bono, Rossoni, Marinelli e altri gerarchi minori, tra i quali Cianetti che il giorno dopo scrisse al duce rinnovandogli la sua fiducia e ripudiando l'ordine del giorno.
Contro l'ordine del giorno Grandi votarono Scorza, Buffarini-Guidi, Biggini, Polverelli, Tringali Casanova, Galbiati, Farinacci (che avrebbe voluto fosse votato il suo o.d.g.).
Suardo invece decise di astenersi.
Quindi 19 a favore, 8 contro, 1 astenuto.

Il giorno dopo, Mussolini si recò dal Re. Questi, in maniera assolutamente imprevedibile, fece arrestare il duce. Mussolini si era recato dal Re per dimostrare che il Gran consiglio era un organo puramente consultivo, e che il voto non aveva alcun valore. Non colse la straordinarietà di quell'episodio e come un avvocato qualunque cercava di cavillare (anche se in realtà, secondo le leggi fasciste, aveva ragione. Il Gran Consiglio non aveva mai avuto funzioni diverse che quelle di avvallare le scelte del duce).

Cominciò per l'Italia una nuova tragedia. Dopo l'illusione dei primi momenti, nei quali l'intero popolo italiano dimostrò di averne abbastanza del fascismo e della guerra, il nuovo capo del governo, Pietro Badoglio, annunciò: "la guerra continua", mentre stava trattando in segreto un armistizio con gli anglo-americani.
Una volta firmato, questo armistizio venne annunciato l'8 settembre. Ma questa è un'altra storia, che racconteremo.
Il fascismo resuscitò, come l'araba fenice, e divenne repubblicano. Nacque nel nord italia la Repubblica Sociale Italiana, sotto tutela nazista. E fu la guerra civile, feroce, terribile, senza pietà da una parte e dall'altra.

Il 25 luglio 1943, comunque, divenne una data simbolica. Finì il fascismo-regime, terminò il Ventennio, da "diarchia" Re-Duce. E' giunto il momento, per gli storici, di affrontare con serenità di giudizio lo studio di quel periodo.

Per approfondire:
M. Ragionieri, 8 settembre 1943, la fine di un sogno di gloria, Editori dell'Acero
G. Bianchi, Perché come cadde il fascismo: 25 luglio crollo di un regime‎
C. Fracassi, La lunga notte di Mussolini, Mursia 2002


giovedì 23 luglio 2009

24 luglio 1923: firma del trattato di Losanna

24 luglio
correva l'anno: 1923
FIRMA DEL TRATTATO DI LOSANNA

Alla fine della Prima guerra mondiale le potenze vincitrici imposero alla Turchia il trattato di Sèvres. Quel che rimaneva del vecchio impero Ottomano veniva smembrato soprattutto in favore della Grecia. La Turchia di Maometto VI perdeva la Tracia, le isole nel mar Egeo e inoltre Smirne. Venne firmato nel 1920, prima della Conferenza di pace di Londra (1921) e impose ai turchi la rinuncia a ogni pretesa territoriale.
Il trattato di Sèvres divenne la causa della sollevazione di Ataturk. Mustafa Kemal Ataturk, infatti, a capo della fazione nazionalista, si sollevò contro il vecchio sultano, e riunì ad Ankara un’Assemblea nazionale dalla quale uscì il nuovo governo. Il primo provvedimento di Ataturk fu l’abolizione del sultanato e la creazione di uno stato laico. L’esercito appoggiò Ataturk e iniziò una guerra contro i greci che occupavano il nord. Smirne e l’intera Tracia vennero così riunite allo stato turco.
Le potenze alleate riconobbero la nuova situazione creatasi in Turchia. Riconobbero il nuovo stato e si impegnarono per una revisione del trattato di Sèvres. Il vecchio trattato prevedeva anche la creazione di uno stato armeno (un tentativo era stato fatto da parte degli armeni già nel 1919 ma si era rivelato un fiasco, anche per il disinteresse delle potenze alleate) indipendente compreso dalle province di Bitlis, Erzurum e Trebisonda, e parte delle provincie di Van; la Turchia in cambio avrebbe avuto la provincia di Cilicia, ancora sotto occupazione francese. Altri articoli del trattato riconoscevano l’avvenuto genocidio del popolo armeno e affrontavano il problema del ritorno dei profughi.
I francesi avrebbero conservato il controllo dell’Anatolia.
Con la fine dello stato Ottomano e la nascita dello stato nazionalista di Ataturk le ambizioni degli armeni vennero nuovamente frustrate.
Alla Conferenza di Londra del 1921 venne abolito l’articolo 88 del trattato di Sèvres, quello che prevedeva la nascita dello stato armeno, sostituito da un generico "focolare nazionale" nel nord-est della Turchia.
A Losanna, il 24 luglio 1923 venne firmato il trattato.
Vennero stabiliti i confini tra la Grecia, la Bulgaria e la Turchia, l'indipendenza della Repubblica di Turchia, e il rispetto delle minoranze etniche e religiose. Cipro veniva assegnata all'Impero britannico, la Libia e il Dodecaneso all'Italia. La sorte della provincia di Mosul, in terra armena, sarebbe stata decisa dalla Società delle Nazioni.
te dalla controparte.
La Turchia riconosceva, ai sensi degli articoli 37 e 45 del Trattato (III sezione) i diritti dei "sudditi non-musulmani della Turchia", ma non il loro diritto all’autonomia.

Per approfondire:
Ennio Di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali, Bari, Laterza, 2000;
Francesco Sìdari , La questione armena nella politica delle grandi potenze dalla chiusura del Congresso di Berlino del 1878 al trattato di Losanna del 1923: dalla chiusura del Congresso di Berlino del 1878 al trattato di Losanna del 1923, CEDAM, 1962;
Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici, I documenti diplomatici italiani, Libreria dello Stato, 1953;
Valeria Fiorani Piacentini (a cura di), Turchia e Mediterraneo allargato: democrazia e democrazie, FrancoAngeli, 2005;
Reinhard Schulze, Il mondo islamico nel XX secolo. Politica e società civile, Feltrinelli 2004.

Per leggere il documento completo del trattato si veda:
http://www.prassi.cnr.it/prassi/attiInternazionali.html?id=795

lunedì 13 luglio 2009

Amelia Rossellil




Finalmente mi è arrivato il libro. "Fratelli minori", di Amelia Rosselli, madre di Nello e Carlo Alberto. Me lo sono aggiudicato su ebay, come dicevo in un post precedente, per il prezzo di una pizza e una birra. A renderlo prezioso l'autografo dell'autrice. Non sono un collezionista di autografi, però mi sembra di avere un pezzo di storia italiana nella mia libreria.


La famiglia Rosselli ha dato molto all'Italia. In casa di Nathan Rosselli è morto Mazzini, il 10 marzo 1872. Carlo Rosselli ha organizzato la fuga di Filippo Turati, nel dicembre del 1925, da quel carcere che stava diventando l'Italia, come scrisse Sandro Pertini. Nello Rosselli, storico del risorgimento, rinuncia a tutte le avances di Gioacchino Volpe, storico ufficiale del Regime fascista, perché collabori. Nello accetta il carcere e in seguito l'esilio, pur di non conformarsi al fascismo. Carlo Rosselli, con Emilio Lussu e Francesco Nitti, compie l'evasione clamorosa da Lipari, dove era costretto al confino politico, e fonda, in Francia, "Giustizia e Libertà", l'organizzazione antifascista. Nel 1937 i due fratelli vengono assassinati dai "cagoulard" francesi, un gruppo neofascista, su mandato di Ciano.


Ecco perché mi è tanto prezioso il libro che ho fra le mani, firmato dalla madre dei due coraggiosi fratelli.


mercoledì 8 luglio 2009

La recensione


da "Padova e il suo territorio",
rivista di storia, arte e cultura
, numero 139, giugno 2009, pag. 45.

Rubrica "Biblioteca".

Carlo Giacchin Attentato alla Fiera. Milano 1928, Mursia Milano 2009, pp. 267.

Attentato alla Fiera. Milano 1928. Recensione



E' arrivata! Una delle recensioni che più aspettavo è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista "Padova e il suo territorio". E' firmata da una delle personalità più importanti di Padova, il prof. Giuliano Lenci. Medico pneumologo di fama, storico della medicina, Lenci è stato, per tutto il dopoguerra, un personaggio di riferimento per tutta la cultura padovana, e non solo. Ha partecipato attivamente alla guerra di Liberazione dal nazifascismo, come ufficiale medico e come resistente, e ha contribuito alla ricostruzione morale dell'Italia repubblicana e democratica.
Recentemente gli è mancata Antonia, moglie e compagna di tutta una vita.
Anche per questo motivo la sua recensione, apparsa sul numero di giugno, mi è cara.
Questo riconoscimento è una ricompensa, spero meritata, per il lavoro che ho avuto la fortuna di pubblicare.
Grazie professore.

giovedì 2 luglio 2009

Farewell To Arms, Farewell To Ernest



Il 2 luglio 1961, a Ketchum, nell’Idaho, Ernest Hemingway mette fine alla sua vita ad appena 62 anni, dopo un periodo di forte depressione.
Non starò qui a fare la biografia di questo gigante della letteratura, nè a decantare i suoi libri. Mi permetto solo di segnalarvene uno, di argomento storico, che ha avuto un’importanza fondamentale nella mia formazione.
“Addio alla armi” (A Farewell To Arms), ambientato nell’Italia della Prima Guerra, dove svolgeva servizio come autista di ambulanze.
Il libro, pubblicato nel 1929, era proibito durante il fascismo, poiché lo considerava lesivo della reputazione della Forze Armate (parlava di Caporetto... figuriamoci). Lo tradusse, per primo, Fernanda Pivano, durante la seconda guerra mondiale, e, per questo, sperimentò il carcere fascista.
Segnalo la sua traduzione, quindi, nell’edizione del 1965, per Mondadori.

martedì 30 giugno 2009

Recensioni su "Attentato alla Fiera. Milano 1928"


Riguardo al mio "Attentato alla Fiera. Milano 1928", stanno uscendo due recensioni particolarmente importanti (per me). Sono di due storici affermati e di grande valore. Sono due recensioni che saranno fondamentali per il mio futuro.

Mi piaceva condividere con voi questa attesa.

Intanto pubblico la prima recensione uscita su "Repubblica". Recensione breve, sintetica, e positiva.

domenica 28 giugno 2009

Guerra!


28 giugno 1914: l'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando e la sua consorte, Sofia, vengono assassinati a Sarajevo da un irridentista serbo. E' il prologo alla Prima Guerra Mondiale, la prima terribile guerra moderna di massa. L'impero austro-ungarico impone un ultimatum alla Serbia. I termini dell'ultimatum (inaccettabili per la Serbia) portano, per il gioco delle alleanze, alla mobilitazione della Russia. La Germania, dal canto suo, mobilita il suo esercito. Poi tocca alla Francia, all'Inghilterra... come in un domino tutte le caselle vanno al loro posto. La guerra sarà inevitabile.

E l'Italia? Legata dal trattato all'Austria e alla Germania, sul primo momento sembra entrare in guerra a fianco degli Imperi. Ma la morte del capo di stato maggiore italiano, Pollio, improvvisa e misteriosa, ferma gli accordi. Il nuovo capo di stato, Luigi Cadorna, farà di tutto per temporeggiare mentre Sonnino, ministro degli esteri, prepara con l'Intesa, a Londra, un accordo per entrare in guerra al loro fianco. L'accordo passerà come "il patto di Londra" e sarà, in parte, disatteso nel dopoguerra. Nel 1915, quindi, l'Italia vibra la "pugnalata alle spalle", il "grande tradimento", come avrà a dire von Bulov. Il "giro di valzer" delle alleanze è compiuto.

Se volete approfondire questo argomento vi segnalo

"L'azzardo del 1915. Come l'Italia decide la sua guerra", di Gian Enrico Rusconi, Il Mulino, 2005

giovedì 25 giugno 2009

25 giugno 1948: si aprono i lavoro della Costituente



il 25 giugno di 61 anni si aprivano i lavori della Costituente. Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1948 con il quale il popolo italiano scelse la Repubblica come forma istituzionale, il 25 giugno si apriva la grande stagione delle riforme.
L’Italia si apprestava a creare un nuovo stato basato su un "patto" costituente nel quale tutte le varie correnti politiche accettavano il principio democratico della rappresentanza popolare e si impegnavano a costruire una democrazia di tipo nuovo. Il risultato, alla fine, fu una delle più straordinarie costituzioni del mondo, forse la più avanzata in termini di libertà, giustizia e democrazia.
Ora la Costituzione dimostra gli anni che ha. Alcune parti possono anche essere cambiate. Ma, per farlo, occorre un nuovo patto che gli attuali schieramenti non sono in grado di fare. Troppe divisioni e troppi interessi personali impedirebbero un sereno confronto tra le parti. Ma soprattutto manca, in molti dei nostri rappresentanti, il senso dello Stato e del bene comune.


Per approfondire: L'officina della Costituente, di D. Novacco, Feltrinelli 2000.

martedì 23 giugno 2009

Maurizio Valenti, un pezzo di storia italiana




Oggi, 23 giugno 2009, è morto Maurizio Valenti, a quasi cento anni dalla sua nascita.
Chi era?
Nato a Tunisi, il 16 novembre 1909, frequenta l'Accademia di Belle Arti di Tunisi, diretta da Vergeaud. Con Moses Levy aderisce, Antonio Corpora, Loris Gallico e Jule Lellouch, aderisce alle correnti d'avanguardia della pittura moderna.
Svolge la sua attività tra Roma, Parigi e Tunisi.
Nel 1931 conosce un altro pittore, Carlo Levi, e con lui discute di politica e fascismo.
Aderisce al Partito comunista francese, poi a Tunisi svolge l'attività sindacale a favore dei braccianti arabi di Chaffar, dei braccianti arabi che lottano contro il latifondo e lo sfruttamento coloniale francese.
Dipinge la vita dei nomadi beduini, ne assimila il loro spirito indipendente.
Nel 1937, a Parigi, collabora alla " Voce degli Italiani", diretta da Giuseppe Di Vittorio.
Il Fronte popolare, l'antifascismo, la denuncia del nazismo, lo portano a collaborare con gli intellettuali come Bloch, Eluard, Tzara.
Arrestato alla fine del 1941, viene condannato all'ergastolo dallo stato collaborazionista di Vichy.
Riesce ad evadere ed entra nel CNL italiano. Conosce Togliatti, Parri, Levi, Terracini.
Nel dopoguerra è eletto al Senato, poi, nel 1975 diventa sindaco di Napoli, fino al 1984, dove viene eletto al Parlamento Europeo.
Mitterand, nel 1991, lo insigne della Legione d'Onore (Legion d'Honneur), massima onorificenza francese.
A Napoli, pochi mesi fa, è sorta la "Fondazione Maurizio Valenzi", che si occupa di cultura, società, e arte.
E' morto dopo quasi cento anni di vita. Una vita esemplare.
Un altro pezzo di storia europea.

Una sua intervista, per conoscere l'uomo Valenzi (tratto dal sito dell'Università di Roma, La Sapienza):
http://w3.uniroma1.it/cta/eduardo/interviste/valenzi.html


Finita!



Ieri sera, alle otto, Padova ha confermato il suo sindaco: Flavio Zanonato, padovano doc, nato il 24 luglio 1950 da un famiglia operaia di forti ispirazioni cattoliche. Segretario provinciale del Pci, infine consigliere comunale, sindaco, consigliere regionale, e ancora sindaco nell'ultimo lustro.
Ora Zanonato ha davanti a sé altri cinque anni di amministrazione cittadina.
Perché scrivo di questo nel mio blog dedicato alla ricerca storica? Perché spero che il sindaco di Padova, ora riconfermato nelle sue funzioni, dedichi più attenzione e più risorse alla cultura storica di questa città, che nulla ha da invidiare a grandi città blasonate, come Milano e Roma.
Nella passata amministrazione, Zanonato ha avuto il prof. Giuliano Lenci come consigliere per i problemi legati alla promozione e lo sviluppo della cultura storica. Ora che Lenci non è più consigliere, Zanonato deve pensare in prima persona alla causa della ricerca storica.
Flavio, mi raccomando!

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sabato 20 giugno 2009

Attentato alla Fiera



Presento ora, con ritardo, il libro uscito il 30 aprile. Mi è costato quasi tre anni di ricerche tra archivio di stato, biblioteche, corrispondenze con altri storici, confronti, ecc.



Il 12 aprile 1928 Vittorio Emanuele III, Re di un Italia ormai fascista, è atteso a Milano, per inaugurare la IX Fiera Esposizione.
Nel grande piazzale Giulio Cesare, all’entrata della Fiera, lo attendono in molti. Approfittando della bella giornata di inizio primavera, i milanesi sono accorsi in massa.
Ma ben presto il clima di festa si tramuta in tragedia. Una violenta fiammata e un grande boato scuotono la piazza. Un terribile ordigno è scoppiato alla base di un lampione che, privo di sostegno, si piega e sembra cadere sulla folla. Il terrore si impadronisce della piazza, travolge i cordoni militari. Un fumo denso e acre si espande dal luogo dell’esplosione e contribuisce al panico.
Quando il fumo si dirada appare uno scenario da incubo. Più di cento persone sono stese a terra, alcune non si muovono, altre gemono ferite, investite dalle schegge, ustionate e mutilate.





http://www.ibs.it/libri/Giacchin+Carlo/libri.html

Dedicato a tutte le vittime della strage. E a tutte le vittime di tutte le stragi.

A presto e alla prossima. Carlo Giacchin

Amelia Rosselli


Ho appena vinto su ebay un'asta nella quale era in palio un raro libro di Amelia Rosselli, "fratelli minori". La rarità sta nel fatto che l'autrice ha firmato il libro, con un dedica ampia ed interessante al fortunato ex possessore del volume.
Pensavo di dover lottare a suon di rialzi, invece... ho vinto senza giocare. Sono risultato l'unico offerente! Per una somma ridicola, pari a una pizza e una birra ho un libro firmato da Amelia Rosselli. La "notizia" non è certo la mia vincita (io ne sono molto contento naturalmente) ma il fatto che nessuno, quantomeno tra gli appassionati di ebay, abbia avuto la tentazione di possedere il libro della Rosselli. Perché? Perché ormai la scrittrice non è più conosciuta? Ma allora dovrebbe almeno interessare perché madre di Carlo e Nello, due figure storiche che dovrebbero essere conosciute da tutti gli italiani. Siamo arrivati a questo punto? Possibile? No, è solo che su ebay navigano in pochi, e che erano tutti distratti dalle elezioni, o magari da altre cose importanti. Infatti tutti conoscono Carlo Rosselli, Nello Rosselli, Nathan Rosselli, Amelia Rosselli, Marion Rosselli ... vero?
http://www.fondazionerosselli.it/
L'immagine è tratta dal sito di Nicola Terracciano
http://www.liberalsocialisti.org/eventibio/bio/amelia_carlo_e_nello_rosselli.htm

Per chi volesse saperne di più
http://www.carterosselli.it/

Un saluto a tutti, e alla prossima.

Carlo Giacchin


Finalmente ritorna disponibile con la seconda ristampa "Attentato alla Fiera. Milano 1928"

  Finalmente la seconda ristampa.  Eccola sul nuovo sito dell'editore https://www.mursia.com/products/14044